INCONTRARSI PER AGIRE IN COMUNE -comunicato stampa-

INCONTRARSI PER AGIRE IN COMUNE


Verso la costruzione di Patti Educativi di Comunità
nei Comuni di Assisi, Bastia Umbra, Bettona, Cannara e Valfabbrica.
L’emergenza Covid-19 non accenna a rallentare, anzi, l’allerta nella nostra Regione è sempre più alta. Ad un
anno dall’inizio della pandemia, dopo mesi di distanziamento e chiusura delle scuole, ci interroghiamo
sull’impatto che tutto questo ha avuto ed avrà sui nostri giovani e su quali dovranno essere le priorità e le
scelte che la comunità educante dovrà porre in essere.
Patrizio Bianchi, neo-ministro all’Istruzione, già diversi mesi fa, dichiarava: “I ragazzi hanno bisogno di
trovare una comunità che si stringa attorno alla propria scuola per ricostruirla, non nei muri, ma nella
sostanza. E bisogna metterci dentro più musica, sport, più vita pubblica, tutte attività che si fanno insieme
[…] perché più di prima, abbiamo scoperto che la crescita è fondata sul principio di sviluppo umano che c’è
se tutti partecipano”.
In questo approccio partecipato e necessario ha creduto la Zona Sociale 3 dell’Umbria che attraverso un
avviso pubblico ha promosso il progetto “Incontrarsi per agire in Comune – Verso la costruzione di Patti
Educativi di Comunità”, curato da FARE cooperativa sociale, Pro Civitate Christiana di Assisi e Rete di
Cooperazione Educativa. Il progetto vedrà coinvolti dirigenti scolastici ed insegnanti delle scuole dei cinque
Comuni di Assisi, Bastia Umbra, Bettona, Cannara e Valfabbrica, insieme ad istituzioni e realtà del terzo
settore che, a vario titolo, sono parte attiva nei processi formativi ed educativi della popolazione 0-18,
come teatri, musei, circoli di lettura, associazioni sportive, culturali e sociali, parrocchie.
“Sarà un lavoro corale quello che impegnerà i tanti partecipanti nella co-progettazione dei patti educativi
di comunità territoriali. – Dichiara Roberta Rosati, presidente della cooperativa FARE – Un’occasione per
raccogliere la sfida che la contingenza ci impone, misurandoci con limiti e criticità già presenti nelle nostre
comunità e che pretendono, ora più che mai, risposte concrete ed integrate ai bisogni educativi e sociali di
bambini e ragazzi.”
Il percorso si svilupperà, a cadenza mensile, per tutto il 2021, con incontri di formazione in plenaria e
sessioni di lavoro in sottogruppi. Il primo degli appuntamenti in calendario è fissato per sabato 27 febbraio.
Saranno i promotori istituzionali a dare il benvenuto ai partecipanti, che verranno, quindi, introdotti nel
percorso dagli interventi di Jose Mangione e Giusy Cannella, ricercatrici INDIRE e coordinatrici del progetto
di ricerca “Piccole Scuole”, Franco Lorenzoni, maestro e autore, fondatore della Casa-laboratorio di Cenci
ad Amelia, da anni impegnato nella sperimentazione educativa e attivo nel Movimento di Cooperazione
Educativa e Massimo Belardinelli, Dirigente Scolastico del 1° Circolo Didattico San Filippo di Città di Castello
(PG), scuola selezionata come polo regionale del Movimento Avanguardie Educative.
La diretta si concluderà con Sonia Coluccelli, insegnante, autrice e responsabile per la formazione di
Fondazione Montessori Italia, curatrice scientifica del progetto e coordinatrice dei facilitatori, Barbara
Archetti, Carlo Ridolfi e Carlo Tognola, chiamati a guidare i gruppi nei lavori di co-progettazione.

Link al progetto: https://www.cooperativafare.it/patti-educativi/

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5 Però sul caso Volo-Grande

memoriediunavagina

Mi era completamente sfuggito l’affaireFabioVolo versus ArianaGrande. Un po’ perché non mi interesso né dell’uno, né dell’altra; un po’ perché sono reduce da giornate piuttosto impegnative che mi hanno alienata dall’indignazionismoquotidiano, ovverosia quel fenomeno squisitamente contemporaneo che ogni 24 ore s’avvita attorno a un tema differente.

Per fare un’agile sintesi: FabioVolo ha detto una cazzata, l’ha detta male, l’ha detta a microfono aperto, in una radio nazionale e con una certa superficialitàprovinciale che, d’altra parte, è da sempre la sua cifra caratterizzante (una delle ragioni per cui è molto amato, e molto odiato). Ne è conseguito un discreto shit-storm (cioè tempesta di merda) e pare che abbia ricevuto insulti e auguri di morte, cancro e altre robe così, con la consueta morigeratezza degli utenti social. Molto bene.

Naturalmente, io penso che frasi come “Le donne sono come i fiori”, dunque a…

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L’inculazione da Pillon

via L’inculazione da Pillon

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Giovani Fragili o Adulti con Visioni Fragili?

giovani fragiliNegli ultimi due decenni molti esperti sono concordi nell’affermare che i giovano di oggi sono fragili, soprattutto dal punto di vista emotivo.
E ne ricavano come strada un’educazione emotiva capillare in ambito familiare e scolastico.
in controluce c’è sempre inespresso un confronto con la generazione degli scriventi o di coloro che le hanno precedute:
“non hanno più autocontrollo” “sono diventati insensibili a tutto e a tutti”,
ed espressioni simili inducono a pensare che le generazioni precedenti fossero migliori dal punto di vista emotivo, maggiormente competenti.
Fermiamoci un attimo.
Stiamo parlando del novecento?
Il secolo in cui ci si è ingollati la parabola infernale dall’olocausto al consumismo edonista?
Quali generazioni incredibilmente competenti e solide hanno vissuto e sono state protagoniste di questo secolo?
Come educatore sono stato sempre irritato dal confronto al ribasso con le vecchie generazioni
C’è un cortocircuito di pensiero in questo genere di analisi che porta sempre ad individuare incredibili degenerazioni ed apocalittici fallimenti dell’umanità di cui potrebbero essere responsabili le nuove generazioni.
Rimanendo all’educazione emotiva non potremmo per esempio accettare che esiste un cambio di paradigma in atto per cui le vesti ideologiche ed estremamente rigide delle varie morali del 900 non siano più in grado di “contenere” in costumi sociali facilmente riconoscibili ma incredibilmente cristallizati ed in realtà molto privi di competenze relazionali, emotive ed empatiche.
Si imparavano dei riti, rituali e delle procedure. Altro che Life skills.
E quindi sono contento che le nuove generazioni abbiano abbandonato queste pratiche, che siano fortemente disillusi di molti ambiti che gli adulti gli propongono.
Piuttosto che impartire sermoni dovremmo curiosamente e pazientemente cercare insieme a loro a quale salto evolutivo stiamo partecipando o a quale cambio paradigmatico (Kuhn) dobbiamo attrezzarci perchè già in atto.
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Faccio il Grinch: Le feste di Natale per l’Infanzia…una tragedia!

 

Grazie al lavoro teatrale (a tempo parziale) e al “lavoro ” di genitore (full time tempo indeterminato) ne ho viste di feste di Natale per l’infanzia (3-6 anni) e ci sono molte cose che non capisco.

1-LE CANZONCINE DI NATALE CON LE BASI CANTATE

il tormentone di questo anno eccolo qua. Orecchiabile, vitale, universale.

Bene, allora perché sta diventando una tradizione il fatto che i  bambini non possano più cantare usando SOLO la loro voce su una base o su uno strumento? Perchè devono cantare (o provare a bofonchiare quello che riescono stando dietro a un ritmo e a una metrica pensata per la audioregistrazione e non per il canto) “sotto” la voce della base registrata? Quale apprendimento si realizza? Che obiettivo si raggiunge?

Ve lo dico io: per le maestre è più semplice e fanno una più bella figura in termini spettacolari nei confronti dei genitori

2- LE PROVE DELLO SPETTACOLO DI NATALE

Spiegatemi per quale motivo educativo/scolastico/puffabile i bambini devono essere stressati per più di un mese a suon di prove e parti e partiture da imparare a memoria?

Con Maestre stupite che alla prova dell’ultimo giorno vede metà dei suoi bambini fare di tutto per scappare e fuggire da questo supplizio il dubbio non potrebbe nascere?

Ve lo dico io: come genitori vogliamo una bella scena ordinata stereotipata di bambini in fila che cantano (in playback) , recitano la poesia per poter fare foto e video.

3- LE FOTO DEI GENITORI (Nonni, zii, fratelli sorelle amici…..)

Ecco, la foresta di braccia che si alza di fronte a questi cuccioli stressati e smarriti non si levano solo per applaudire ma soprattutto  per fare foto e video come se ogni volta fosse il giorno del loro matrimonio. Non interessa realmente come sta il bambino, cosa ha imparato, cosa sta facendo. Vogliamo solo che ci veda, ci saluti e faccia qualsiasi cosa per essere catturato dalla nostra camera.

Diciamocelo: abbiamo così voglia di essere noi protagonisti di quella situazione che non riusciamo a non mettere in tasca lo smartphone per guardare i nostri figli, appena possiamo facciamo a gara per fare la renna/babbo per entrare in quelle foto/video. I bambini diventano un surrogato per gratificare noi stessi.

E poi ci chiediamo perchè poi l’ansia da performance stia tragicamente diventando comune anche nell’età dell’infanzia.

4- CARO GESU’ BAMBINO DELLA SCUOLA PUBBLICA…

E su questo fioccheranno le invettive più tradizionali d’Italia.

Sto per dire una cosa scontata, una di quelle che in altri paesi verrebbe da sorridere al solo pensarci. Siete pronti? Eccoci allora:

il presepe è un simbolo della religione cristiana, il bambino nella culla si chiama Gesù ed è il figlio di Dio sempre per la religione cristiana.

Fin qua tutto bene.

La classica domanda: cosa ci fa in una scuola pubblica e  laica per definizione? Perché diventa protagonista anche delle recite natalizie che sono dei veri e propri momenti pubblici?

Ve lo dico io: perchè è una nostra tradizione! (risposta in coro).

Peccato che si fa finta di dimenticare l’aggettivo collegato a questo sostantivo: cristiana

5- CARO GESU’ BAMBINO A MESSA…

Ma per par condicio eccoci anche presenti a una messa della vigilia di Natale in chiesa. Messa alla quale i bambini del catechismo e le loro famiglie sono state caldamente invitate.

Bene. Allora sarà una messa per l’infanzia in cui finalmente tutto è in ordine e al suo posto.

La messa dura 70′, ci sono 6 letture e un coro  impossibile da seguire perfino dagli adulti e una liturgia in cui non c’è nessuna partecipazione dei bambini.

Bambini stipati sulle prime due panche: 15.

Ve lo dico io: bisogna dire che si fa una messa per i bambini perchè sennò cosa racconti ai poveri catechisti che si fanno un mazzo per tutto l’anno a tradurre l’intraducibile per coinvolgere i bambini?  Ma poi  farla veramente comporta fare fatica, pensarla, organizzarla, prevedere ed accogliere la loro presenza per renderli pienamente partecipi di una celebrazione in cui il mistero della Vita ha una centralità e un empatia importante con il mondo dei bambini.

A parole mettiamo sempre i bambini al centro delle nostre attenzioni, ma a me sembra che mettiamo sempre il nostro bambino interiore al centro, cerchiamo di gratificare e fare le cose che piacerebbero a noi, che ci sarebbe piaciuto fare (o neanche) da piccoli e che facciamo fare ai nostri piccoli senza minimamente leggere i loro bisogni ed ascoltare la loro creatività.

Il vostro Grinch finisce qua e fortunatamente ha visto tanti momenti in cui i bambini sono stati protagonisti con la loro gioia, con il loro disordine creativo, con le loro urla, con le loro capriole, con i loro momenti di attesa quotidiana gustosamente avventizi ma senza stressa da performance.

Natale forse è anche questo, farsi da parte perchè uno più piccolo di me ha qualcosa da insegnarmi.

Buon Natale!

 

 

 

 

 

 

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