To Fail in inglese significa fallire ma anche tradire.
Lo trovo molto evocativo rispetto ai dati inquietanti della cronaca delle ultime settimane dove in un pugno di anni tra i 16 e i 35 ci stanno troppe tragedie:
Michele a Udine qui
Fabio a Vasto qui
Un sedicenne a Lavagna qui
Una diciasettenne a Milano qui
Un ventiduenne a Rovigo qui.
Ci sono state molte analisi dure su queste fragilità che di fronte al fallimento, alla frustrazione, al dolore e al vuoto si abbandonano alla morte come soluzione.
Massimo Ammaniti sottolinea il ruolo dei genitori-amici incapaci di dare regole;
Marco Revelli si ferma sul vuoto generato da un’assenza di una dimensione comunitaria di relazioni.
Daniele Novara si concentra sull’incapacità di gestire i conflitti e sull’utilizzo eccessivo dei videogiochi, tant’è che diventa più facile affrontare la morte piuttosto che la realtà.
Una generazione che mette insieme genitori e figli in un fallimento trasversale: non riuscire a vivere.
Ma non può risolversi con una gara a cercare colpevoli: sparando sulla croce rossa zeppa dei soliti noti –> genitori –> scuola –> governo. Manca solo la pioggia.
Io trovo che questa sia un’unica generazione. Un’unica grande generazione che attraversa i due millenni dagli anni 60 del 900 ad oggi.
Un’unica grande generazione di traditi.
Siamo stati traditi e continuiamo a tradirci con alcune menzogne epocali.
Non riusciamo a riconoscere che la linea di sviluppo a punti di PIL del cosiddetto mondo occidentale civilizzato non sia stata e non è la soluzione economica per garantire lavoro e benessere agli esseri umani. E quando (in pochi) lo riconosciamo non abbiamo alternative.
Non riusciamo a riconoscere che la frammentazione della comunità in tutti i suoi aspetti (organizzazioni, famiglie , territori) non trova risposta nella globalizzazione dei lifestyle e neanche nelle nostalgie revisioniste del passato. E quando (in pochi) lo riconosciamo non abbiamo alternative da proporre che siano fonte di certezza.
Non riusciamo a riconoscere che la democrazia liberale non è il miglior strumento di governo e gestione della cosa pubblica comparsa sulla faccia della terra. E quando (in pochi) lo riconosciamo non abbiamo alternative migliori.
Non riusciamo a riconoscere che (nemmeno dopo due guerre mondiali) la guerra non ha mai generato pace e soluzione dei conflitti. E quando (in pochi) lo riconosciamo non abbiamo alternative migliori.
Non riusciamo a riconoscere che le grandi religioni monoteiste non stanno liberando la spiritualità dell’uomo ma stanno imbrigliando Dio. E quando (in pochi) lo riconosciamo non abbiamo alternative migliori che diventare eretici.
Fallire e Tradire.
Non cerchiamo colpevoli.
Siamo noi gli autori della nostra storia.
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